cornici

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lunedì 27 aprile 2015

incroci

metro, metro, metroooooooo gridava, cento volte ogni mattina, un signore di mezza età mentre distribuiva, col sorriso sulle labbra, un quotidiano gratuito. lo faceva tutti i giorni che il buon Dio ha mandato sulla terra, come se li regalasse lui quei giornali.

il dottore aveva cotonato i suoi capelli, troppo lunghi per l’età che ha, annodato la sua costosissima cravatta e, ritenendo che fosse tutto a posto, aveva inforcato gli occhiali neri e si era infilato nel buio della stazione.

una nuvola di capelli color di tramonto e qualche anno in più di settanta, Lei era davvero padrona di se stessa. lì davanti a tutti, mentre aspettava la metro, giocava con i guanti di pelle verde e con le scarpe col tacco, uno dei vezzi che ancora si concedeva. trasmetteva la sua bellezza semplicemente perché si sentiva bella e, tra se e se, rideva degli errori commessi in tutta una vita. si incantava alle facce e alle storie della gente e compensava con l’immaginazione quello che non riusciva a trasparire.

lunedì 20 aprile 2015

il pranzo è servito

anche se con buoni risultati, aveva portato avanti con poca passione il lavoro che fu di suo padre e, prima ancora, del padre di sua madre. lo aveva fatto per dovere di nascita perché, in effetti, avrebbe voluto fare tutt'altro.

come per i notai figli di notai e i farmacisti figli di farmacisti tutti ritenevano che fosse uno spreco far andare in fumo il lavoro di due vite e gli avevano devoluto la terza, nella speranza che questa ne producesse una quarta, e così via.

quella mattina mentre guardava il volo degli storni fuori dalla finestra, provò un senso di vuoto che gli procurò un piccolo mancamento e una grossa macchia di caffè sulla sua costosa cravatta. fu la prima volta che andò in ufficio con il primo bottone della camicia bianca aperto.

martedì 14 aprile 2015

camera con vista

quella mattina Lei si era svegliata prima del suono della sveglia -cosa di non poco conto per la dormigliona che è- e aveva cominciato maniacalmente a guardare il soffitto. le impercettibili imperfezioni dell’intonaco le sembrava formassero un disegno che non riusciva a focalizzare.

cominciava a sentirsi annoiata della sua solitudine in quel letto e, nonostante le avventure amorose non le mancassero, sentiva chiaramente l’esigenza di far cullare il suo sonno da un respiro pesante e, la domenica mattina, portare il caffè a letto a qualcuno in orari in cui sarebbe convenzionalmente troppo tardi, quando il sole alto invade la stanza facendola apparire perfetta.

lunedì 13 aprile 2015

autoscatto

tanto tempo fa ce l’avevo un blog, che questa idea di parlare con completi sconosciuti mi ha sempre vagato per la testa.
sono una che ha il piacere di inventare le storie incastonate negli occhi della gente che incontra, di tirarle fuori e rimescolarle un po’. unico lato di me che non è fissato a terra con quattro bulloni.


e questo è lo spazio che ho scelto per sollevarmi: buona lettura.