cornici

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lunedì 25 maggio 2015

leididentro

Lei era una donna oramai. non si sentiva che poco più di una ragazzina, ma era donna. piena di tabù, non si conosceva abbastanza e non parlava mai con sé, le rare volte in cui ci aveva provato non aveva avuto risposta. probabilmente la Leididentro, la padrona di casa, parlava un’altra lingua.

forse vittima di una educazione vecchio stile o forse per la sua debolezza, che vinceva su tutto, nascondeva la sua insicurezza mascherandosi da donna coraggiosa, emancipata ed indipendente e lo faceva talmente bene che solo poche persone si erano accorte dell’inganno.

forse perché non si piaceva abbastanza, o forse perché si era convinta che non è la bellezza del corpo quella che conta davvero, non si prendeva cura di sé che per l’indispensabile. camminava distrattamente per le vie del centro, senza accorgersi di avere le scarpe slacciate o la camicia senza un bottone. molto tempo fa era sicura di poter fare tutto, di essere migliore di tutti, era forte delle certezze dell’adolescenza. oggi si sentiva meno intelligente, meno intraprendente, meno brillante, meno sorridente, meno tutto. per questo motivo evitava accuratamente discorsi di politica, di economia, di attualità, di sesso. non era in grado, o non credeva di esserlo.

lunedì 18 maggio 2015

contro.tempo

aveva aspettato quellagiusta per tanto tempo, aveva desiderato fortemente che fosse lei tutte le volte che aveva avuto una storia. finalmente Paola. il suo corpo minuto, la sua pelle chiarissima, il suo profumo di cannella, i capelli neri e lunghissimi quasi sempre raccolti in una treccia e quella sua aria da folletto. era lei, questa volta davvero. si amarono da subito, erano fatti l’uno per l’altra. qualche volta aveva sognato di raggiungerla in una casa sull’albero arrampicandosi sulla sua treccia. la casa non aveva scale ma lei poteva raggiungerla perché sapeva volare.

condividevano da poco un trilocale che avevano trovato con non poche difficoltà perché Paola desiderava che si affacciasse sul parco. lei si era divertita tanto a scegliere i mobili in uno di quei grandi negozi di arredamento che ti rubano una giornata intera. aveva abbinato i bicchieri alle tende della cucina e portato a casa un orologio tono su tono per la parete a fianco al divano. due quadri, qualche mensola e l’orologio attendevano fiduciosamente il loro momento, nascosti dietro la porta della cameretta.

lunedì 11 maggio 2015

cuorematto

l’aveva uccisa.

avevano discusso, come ogni mattina da un po’ troppo tempo, ma non aveva previsto che sarebbe finita così. la guardava inerte, stesa sul pavimento della cucina tra il tavolo e il frigorifero.

Lui era un quarantenne sicuro di se, negli anni della giovinezza aveva sognato un futuro da calciatore ed aveva anche giocato in squadre di un discreto livello. poi il sogno era svanito e aveva dovuto ripiegare su un rispettoso, quanto poco remunerativo, lavoro da magazziniere in un supermercato. Catia l’aveva conosciuta ai tempi della scuola e se ne era innamorato. lei non piaceva ai suoi amici che le criticavano un trascorso piuttosto libertino, quindi, per quelle strane dinamiche che si generano nell'intorno dei 16 anni, Lui le concesse solo degli incontri fugaci da adolescenti ma niente di più concreto. si erano persi di vista per anni ma si erano cercati vicendevolmente negli abbracci delle persone che avevano amato.

lunedì 4 maggio 2015

terra promessa

calmo. devo-stare-calmo. mi fanno male le gambe, che siamo qui da non so più neppure quanto. lo vedi quello? sua moglie è già in germania, mi ha detto che lei ce l’ha fatta e che ora lui deve, D E V E, raggiungerla. avrebbero dovuto partire insieme ma lui l’hanno preso e l’hanno portato a al wardia, al centro di detenzione, e i soldi glieli hanno presi per rimpatriarlo. è stato fortunato che c’è stato solo 8 giorni al centro.

io ci sono stato 26 giorni, anche io sono stato preso. avevo deciso di andare in Libia per partire già l’anno scorso ma poi la barca è stata intercettata e la garde nationale ci ha portati al porto di Sfax e da lì a al wardia. ho mangiato riso per tutti e 26 i giorni. ho provato a scappare ma mi hanno scoperto, le guardie mi hanno sfondato le ossa. poi ho comprato il biglietto per essere rimpatriato coi soldi che mi servivano per partire. mi hanno messo in una cella migliore, ci sono stato una settimana li.  non c’erano altre soluzioni, il centro era pieno e se non avessi preso il biglietto qualche notte mi avrebbero portato in algeria, appena oltre il confine, e mi avrebbero lasciato li.