l’aveva uccisa.
avevano discusso, come ogni mattina da un po’ troppo tempo,
ma non aveva previsto che sarebbe finita così. la guardava inerte, stesa sul
pavimento della cucina tra il tavolo e il frigorifero.
Lui era un quarantenne sicuro di se, negli anni della
giovinezza aveva sognato un futuro da calciatore ed aveva anche giocato in
squadre di un discreto livello. poi il sogno era svanito e aveva dovuto
ripiegare su un rispettoso, quanto poco remunerativo, lavoro da magazziniere in
un supermercato. Catia l’aveva conosciuta ai tempi della scuola e se ne era
innamorato. lei non piaceva ai suoi amici che le criticavano un trascorso
piuttosto libertino, quindi, per quelle strane dinamiche che si generano nell'intorno dei 16 anni, Lui le concesse solo degli incontri fugaci da adolescenti ma
niente di più concreto. si erano persi di vista per anni ma si erano cercati
vicendevolmente negli abbracci delle persone che avevano amato.
si erano ritrovati un’estate di molti anni dopo e fu come se
la maturità conquistata gli avesse regalato la voglia di costruire qualcosa
insieme. si sposarono quasi subito forse più per la sorpresa di esserci ancora
che per la consapevolezza di essere fatti l’uno per l’altra.
Catia si era ammalata l’anno stesso in cui si erano sposati.
allora diceva che per la felicità di averlo saldamente legato a sé, il suo
cuore aveva cominciato a perdere colpi. il cuorematto,
come lo chiamava lei. aveva un mixoma, una neoplasia cardiaca che stava tenendo
sotto controllo. lei era l’unica ad occuparsi della sua malattia, Lui non se n’era
mai voluto interessare, al punto tale che non ne ricordava neppure il nome. cuorematto gli era sufficiente.
registrava fatture presso un commercialista Catia, un lavoro
che Lui faticava a definire tale. fondamentalmente non tollerava l’idea che
quel passatempo fosse retribuito meglio del suo sudore. quando tornava stanca,
magari in periodi prossimi alle scadenze, la guardava con fastidio e superiorità.
d’altra parte le toccava stare accomodata davanti a una specie di televisione,
che fatica era mai quella? Lui lavorava davvero! un lavoro con la elle
maiuscola, usciva di casa alle quattro di mattina e scaricava casse per ore e
ore, in qualsiasi condizione climatica e senza sedersi neppure per il tempo di
una sigaretta!
discutevano su tutto, principalmente per motivi futili,
fondamentalmente perché entrambi avevano un carattere molto forte. Catia
criticava aspramente l’immaturità di lui, che la attaccava per il suoi modi
autoritari. era un circolo vizioso. quella mattina, per esempio, avevano discusso perché Lui aveva vuotato il
filtro della caffettiera direttamente nel lavandino e aveva lasciato i fondi
del caffè così, in bella mostra di sé. Catia ne aveva fatto -come sempre- una
metafora della vita, accusandolo di menefreghismo nei confronti suoi, della
casa, della famiglia, dei potenziali ospiti e del mondo intero. Lui aveva
ribattuto che non era mai contenta, che non apprezzava nulla, neppure il fatto
che quella domenica era cominciata col caffè che gli aveva portato a letto. poi
si erano vomitati addosso l’impossibile, urlando per coprire le urla dell’altro.
aveva indosso il pigiama, il frigorifero era ancora aperto, cadendo
aveva rovesciato una sedia e per terra c’erano i cocci della tazza che teneva
in mano. su una pozza di latte che continuava ad allargarsi navigavano i suoi
capelli neri. quel maledetto cuorematto
l’aveva uccisa.
vedi che faccio bene a mettere i fondi di caffè in frigo?
RispondiElimina:)
sei una personcina saggia!
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