un letto singolo addossato alla parete, una scrivania di
legno chiaro su cui ai tempi del liceo aveva intagliato un qualche incitamento
alla sua squadra e attaccato una figurina di Altobelli la cui pettinatura, nonostante
il tempo e il prodotto per spolverare di cui sua mamma abusava, continuava a dire
la propria. un armadio con tre ante e due cassetti. l’anta più a sinistra
portava ancora i segni di quando Simonetta Antonelli della terzaccì si era messa con Marco De
Nicola, il belloccio della sua classe.
l’unica grande innovazione in quella stanza era avvenuta ormai
qualche anno prima, quando col primo stipendio da autista del trentatrè, in
servizio da piazzalelagosta a rimembranzedilambrate, aveva acquistato
un televisore 28 pollici che aveva attaccato alla parete tra l’armadio e la
porta d’ingresso. si ricordava ancora di quanto gli fosse sembrato scortese nei
confronti di sua madre non annoiarsi su chi
l’ha visto in sala, come era successo ogni mercoledì della sua vita fino a
quel momento. non aveva traccia di cosa avesse poi realmente visto, ma forse
non aveva neppure importanza.
sua madre era una donna che si sarebbe meritata una vita più serena. aveva affidato la sua giovinezza a un uomo che dopo avergli donato un figlio aveva ben pensato di andarsene di casa a cercare non si sa bene cosa e non si sa bene con chi. per questo motivo lei aveva sviluppato un attaccamento quasi morboso nei confronti di suo figlio e lui sopportava il peso di doverle dimostrare che non tutti gli uomini sono come suo padre.
era estremamente metodico e abitudinario, quel ripetere costantemente gli stessi gesti nello stesso ordine gli permetteva di percorrere la vita su un binario, levandogli la possibilità di scartare di lato. quando aveva cominciato a lavorare per la società dei trasporti sembrava davvero uno scherzo del destino. una sorta di contrappasso.
era una persona estremamente buona, aveva pochi punti di
riferimento ma solidi. aveva da poco compiuto quarant'anni e aveva fatto
trascorrere la sua vita come se non si potesse fare altrimenti. non gli piaceva
milano ma non aveva mai neppure immaginato di trasferirsi altrove. non amava il suo
lavoro ma non gli era mai balenato per la mente che avrebbe potuto lasciarlo e
fare qualcosa di diverso. non sopportava le costanti intromissioni della madre
nella sua vita ma non era nel ventaglio delle possibilità che lui andasse via
di casa.
la sua insoddisfazione era mitigata dall'incoscienza del
fatto che quella che stava vivendo era solo una delle infinite combinazioni di
possibilità offerte.
una sera a fine turno, mentre camminava verso la macchina inghiottito
dal caldo afoso che milano regala piuttosto di frequente, capì che qualcosa in
lui era cambiato. salì in macchina, chiuse
la portiera dietro di lui, non abbassò i finestrini né accese l’aria
condizionata nonostante ci fosse un caldo infernale, e rimase lì più di qualche
minuto. quando accese il motore non intraprese la solita strada verso casa.
mise a fuoco cosa stava succedendo solo quando il gesto della
hostess che indica le uscite di emergenza lo riportò coi piedi per terra. “un biglietto
per il primo volo” aveva chiesto in biglietteria, e non era stato neppure a
sentire la destinazione.
Il finale a sorpresa mi è piaciuto. Però la destinazione del volo la vorrei sapere. Possiamo sperare in un seguito?
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