da quando non c’era nessuno ad aspettarlo a casa consumava storie
effimere la cui unica implicazione era quella di dover cambiare le lenzuola. si
era tuffato a capofitto nel lavoro e nello sport traendone ottimi risultati.
ulteriore conferma di quanto la sua condizione di uomo libero fosse l’ideale
per lui. aveva ottenuto una promozione a lavoro ed era ormai chiaro che avrebbe
preso il posto del suo capo che stava per andare in pensione. era anche
riuscito finalmente a concludere il suo secondo romanzo e l’editore gli aveva
programmato una serie di eventi per la presentazione al pubblico.
Lui si ricordava ancora bene quanto aveva sofferto, quanto quel cammino in due fosse stato uno sbaglio, quanta fiducia aveva riposto in quel sostegno che lo aveva tradito cedendo sotto il suo carico, e quanto gli era pesato dover ammettere di aver ceduto, a sua volta. si era costruito una corazza. aveva gelato quei suoi occhi blucobalto. si era convinto che non ne valesse la pena, che avrebbe camminato da solo, senza appoggiarsi a niente, a nessuno. e alla fine in quella condizione di equilibrio, di mondo ovattato, di quiete derivata dalle emozioni di cui si privava accuratamente, ci stava bene. o forse la consapevolezza di non star male gli era sufficiente.
aveva già sentito un paio di volte una giornalista per un’intervista su un settimanale piuttosto importante. aveva notato il suo modo di percepire dei particolari che neppure lui aveva ben chiari, la sua ironia pungente e il suo scusarsi, timidamente, per aver fatto scappare qualcosa che avrebbe dovuto rimanere un pensiero.
Lui non amava particolarmente parlare al telefono perché -diceva- non riusciva a mantenere alta la concentrazione. seppure lei inizialmente fosse stata un po’ reticente, avevano poi concordato di vedersi in un bar del centro per qualche ulteriore domanda.
aveva già sentito un paio di volte una giornalista per un’intervista su un settimanale piuttosto importante. aveva notato il suo modo di percepire dei particolari che neppure lui aveva ben chiari, la sua ironia pungente e il suo scusarsi, timidamente, per aver fatto scappare qualcosa che avrebbe dovuto rimanere un pensiero.
per il rispetto che si doveva a quella testata, aveva
impiegato decisamente più tempo del solito a decidere cosa mettersi. aveva
optato per un completo di lino, che gli conferiva un’aria da intellettuale, e
una camicia celeste che richiamava il suo sguardo, aperta per un paio di
bottoni sul petto. si era seduto al tavolo e aveva cominciato a leggere
distrattamente il quotidiano, ormai sgualcito, che il cameriere gli aveva
gentilmente porto. era arrivato con pochi minuti di anticipo ma aveva voluto
attenderla prima di ordinare qualcosa.
in un moto di orgoglio, stanco di quella noncuranza, il
giornale chiamò il vento in suo aiuto e fuggì via con lui.
quell'orizzonte ritrovato riaprì le porte ai suoi pensieri. che
non era la rivista il motivo per il
quale aveva impiegato tanto a scegliere cosa mettersi e non era stata l’educazione
ad avergli impedito di ordinare da bere, lo capì non appena la vide, quasi
eterea, avvolta in quella nuvola di chiffon blucobalto tenuta a bada da un formale
blazer bianco. incoerente, affascinante, incredibilmente perfetta.
c’era dentro fino al collo.
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